L’eterno ritorno… a Dresda

Fra tutti i libri trattanti l’argomento bellico Mattatoio n° 5 di Kurt Vonnegut è sicuramente il più peculiare. Scritto e pubblicato nel 1969, il libro rappresenta una testimonianza dell’autore della sua prigionia in Germania durante la Seconda guerra mondiale e del bombardamento a Dresda avvenuto tra il 13 e il 15 febbraio 1945.

Tuttavia, l’opera, lungi dal rappresentare un resoconto dettagliato di questi avvenimenti, si presenta come un affastellarsi intricato di eventi temporali, anche parecchio distanti fra loro, giustificati dall’ “abilità” del protagonista, Billy Pilgrim, di viaggiare nel tempo con la mente semplicemente chiudendo gli occhi.

Sebbene la guerra e la strage avvenuta a Dresda siano al “centro” del romanzo fantascientifico di Vonnegut, a un occhio attento Mattatoio n° 5 potrebbe sembrare un tentativo di concretizzare la ciclicità del tempo, ricollegandosi, quindi, alla teoria dell’eterno ritorno di Nietzsche.

L’Uroboro (cioè un serpente o un drago che si morde la coda) è il simbolo dell’eterno ritorno.

Lo stesso modo di viaggiare nel tempo di Billy risulterebbe giustificato visto in questo senso: Nietzsche, nella sua teoria, rappresentava un andamento del tempo ciclico, contrapposto, invece, a una sua concezione lineare stante tutt’ora nella mente delle persone – invero, è anche più facile immaginare la linearità del tempo.

In questa ciclicità, l’uomo è destinato a vivere ogni momento della propria vita in eterno, in quanto passato, presente e futuro non sono tre momenti separati e distinti, bensì lassi di tempo che coesistono nello stesso attimo: se il tempo è realmente ciclico, allora passato, presente e futuro si presentano contemporaneamente e non uno successivamente all’altro – e soprattutto, uno in conseguenza dell’altro.

Ipotizzando che il presente in Mattatoio n° 5 sia rappresentato dalla prigionia tedesca, dalla deportazione a Dresda e dal suo bombardamento, seguendo una logica ciclica del tempo, insieme a questi attimi sono tuttavia presenti passato e futuro, quindi il protagonista è perfettamente in grado di “riviverli” semplicemente chiudendo gli occhi.

La teoria dell’eterno ritorno è tanto affascinante quanto complicata da capire e la stessa cosa vale anche all’interno dell’opera di Vonnegut: come se gli esseri umani fossero destinati a non capire mai la ciclicità del tempo, essa è spiegata nell’avvenimento centrale e più importante del romanzo. Dopo aver preso parte alle nozze della figlia Barbara, alla sera Billy viene catturato da una navicella aliena proveniente dal pianeta Tralfamadore e qui verrà esposto in una cupola geodetica per essere mostrato in uno zoo ai tralfamadoriani. Durante il viaggio e durante il suo soggiorno sul pianeta Tralfamadore, il protagonista apprende la vera struttura del tempo. Tornato sulla Terra, cercherà di spiegare questa concezione agli umani in una trasmissione radio, ma verrà immediatamente allontanato e tacciato come pazzo: l’uomo risulta ancora lontano dal diventare superuomo.

Rappresentazione di un tralfamadoriano.

Significative risultano le parole di uno degli alieni durante il viaggio che separa la Terra da Tralfamadore in risposta a una domanda posta da Billy Pilgrim in seguito la lettura di alcuni libri tralfamadoriani e all’ipotesi che fossero scritti come telegrammi:

«Non ci sono telegrammi su Tralfamadore. Ma lei ha ragione: ogni blocchetto di simboli è un breve messaggio urgente, che descrive una situazione, una scena. Noi tralfamadoriani li leggiamo tutti in una volta, non uno dopo l’altro. Non c’è alcun rapporto particolare tra i messaggi, salvo che l’autore li ha scelti con cura in modo che, visti tutti insieme, producano un’immagine di vita bella, sorprendente e profonda. Non c’è principio, mezzo o fine, non c’è suspense, non ci sono morale, cause o effetti. Quel che ci piace nei nostri libri è la profondità di molti momenti meravigliosi visti tutti in una volta.»

Kurt Vonnegut, Mattatoio n° 5.

In una visione del tempo tale, senza consequenzialità, senza causalità, senza «alcun rapporto particolare» tra i vari momenti formanti l’esistenza, il tempo sembra quasi fermarsi:

Billy si passò la lingua sulle labbra, pensò un momento e infine chiese:

«Perché io?»

«Questa è proprio una domanda da terrestre, signor Pilgrim. Perché lei? Perché noi allora? Perché qualsiasi cosa? Perché questo momento semplicemente è. Non ha mai visto degli insetti nell’ambra?»

«Sì». Effettivamente, Billy aveva in ufficio un fermacarte formato da un globo di ambra levigata con tre coccinelle incastonate.

«Beh, eccoci qui, signor Pilgrim, incastrati nell’ambra di questo istante. Non c’è nessun perché».

Ibid.

All’interno della Gaia scienza, in cui presentava per la prima volta la teoria dell’eterno ritorno, Nietzsche era sicuro che qualsiasi umano, di fronte alla prospettiva di rivivere eternamente ogni momento della propria vita, si sarebbe buttato a terra, avrebbe digrignato i denti e poi avrebbe maledetto il responsabile – in questo caso un demone – della rivelazione.

Tuttavia, a ben vedere, questa teoria potrebbe non essere così distruttiva come ci si potrebbe immaginare (insomma, chi mai nella vita non ha vissuto almeno un momento che non vorrà più rivivere?): in essa sembra implicito un invito a vivere al massimo ogni attimo, perché, se è vero che siamo destinati a riviere ogni istante eternamente, allora tutti i singoli secondi che sprechiamo nella nostra vita non saranno più quantità infinitesimali di tempo, ma un’intera eternità.

Si faccia attenzione a prendere lo scritto di Vonnegut come un libro incentrato sulla trattazione dell’eterno ritorno, sebbene si capisca quanto sia importante la teoria nitzscheana nell’opera. In realtà, Mattatoio n° 5 sembra quasi un tentativo dell’autore di esorcizzare tutto ciò che ha vissuto in guerra non dando motivazioni al comportamento umano, anzi, invitando tutti a non cercare necessariamente un senso alle cose. Solo così riusciremo realmente a vivere in pace con noi stessi.

«Come… come ho fatto a capitar qui?»

«Ci vorrebbe un altro terrestre per spiegarglielo. I terrestri sono bravissimi nello spiegare le cose: sono capaci di spiegare perché questo fatto è strutturato in questo modo, come far verificare altri eventi, o come evitarli. Io sono un tralfamadoriano, e posso vedere tutto il tempo come lei vede un tratto delle Montagne Rocciose. Tutto il tempo è tutto il tempo. Non cambia. Non si presta ad avvertimenti o spiegazioni. È, semplicemente. Prenda la vita momento per momento, e vedrà che siamo tutti, come ho detto prima, insetti in un blocco d’ambra».

Ibid..

Insomma, questa è un’opera che tratta di guerra (soprattutto centrale è una delle stragi più ingiustificate dell’intera Seconda guerra mondiale, cioè il bombardamento a Dresda), morte, PTSD dovuto alla guerra, malattia mentale e fine dell’universo, ma lo fa con leggerezza e quasi ironia, perché così l’autore voleva che tutti prendessero la vita: solo così si riuscirà a vivere realmente in pace con se stessi e con gli altri